Un importante incontro al MuNDA martedì 5 novembre alle 17.30 svela i segreti della fibula di Pizzoli, esposto a L’Aquila fino al 7 Novembre prima della restituzione al Museo Archeologico Nazionale Villa Frigerj a Chieti.
Un occasione imperdibile per discutere del reperto con gli studiosi Valentina Belfiore, Funzionario Archeologo Direttore del Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo – Villa Frigerj di Chieti e Francesco Iorio, Archeologo dell’Associazione Culturale D-MuNDA, insieme al Direttore del Polo Museale dell’Abruzzo, Lucia Arbace.
Un viaggio del defunto verso l’Aldilà su uno dei mezzi più utilizzati nell’antico Abruzzo: il carro. Potrebbe essere questo il significato della figura rappresentata sulla fibula in bronzo di Pizzoli, uno dei reperti più rari dell’archeologia abruzzese, risalente all’VIII secolo avanti Cristo.
La fibula di Pizzoli, rinvenuta in località Scentelle Capaturo, all’interno della tomba 45, una sepoltura maschile sabina, ha un arco su cui è rappresentato un carro, trainato da un bue dalle lunghe corna. Sul dorso vi è una figurina umana rappresentata con le gambe separate, le braccia allargate e le mani segnate dall’incisione delle dita: con la destra impugna una corta lancia e con la sinistra guida un cervo adulto con il muso stretto dal laccio. Sul carro si susseguono un cane con le orecchie dritte e la coda rivolta verso il dorso e una seconda figura con uno scudo decorato e con uno scettro; all’esterno del carro è raffigurato un altro cane con la coda abbassata. “Sia nelle tombe etrusche che sarde sono state trovate navicelle votive con figure di animali e di persone che hanno suggerito un confronto con quelle della fibula“ spiega Lucia Arbace. “La tipologia, tuttavia, è diversa a livello di figure rispetto a quelle attestate in Sardegna. Del resto la fibula, come ornamento del vestiario, è totalmente sconosciuta sull’isola. Resta però l’analogia a livello di scelte legate ai rituali funerari perché, se le navicelle per il popolo di navigatori sardi rappresentava un mezzo anche per raggiungere l’Aldilà, il carro rappresentato sulla fibula potrebbe avere un analogo significato per il nobile sabino che aveva indossato la spilla. Bisogna considerare anche il fatto che i Pretuzi, che abitavano la pianura di Campovalano, erano in costante movimento, tanto che i ritrovamenti archeologici attestano l’uso del carro. Certo è che la fibula di Pizzoli rappresenta una testimonianza dei contatti dell’attuale territorio aquilano nell’VIII secolo a.c. con altri centri più a nord nell’Appennino, nonché dell’alta qualità raggiunta a livello locale nella produzione dei metalli.
La fibula di Pizzoli, rinvenuta in località Scentelle Capaturo, all’interno della tomba 45, una sepoltura maschile sabina, ha un arco su cui è rappresentato un carro, trainato da un bue dalle lunghe corna. Sul dorso vi è una figurina umana rappresentata con le gambe separate, le braccia allargate e le mani segnate dall’incisione delle dita: con la destra impugna una corta lancia e con la sinistra guida un cervo adulto con il muso stretto dal laccio. Sul carro si susseguono un cane con le orecchie dritte e la coda rivolta verso il dorso e una seconda figura con uno scudo decorato e con uno scettro; all’esterno del carro è raffigurato un altro cane con la coda abbassata. “Sia nelle tombe etrusche che sarde sono state trovate navicelle votive con figure di animali e di persone che hanno suggerito un confronto con quelle della fibula“ spiega Lucia Arbace. “La tipologia, tuttavia, è diversa a livello di figure rispetto a quelle attestate in Sardegna. Del resto la fibula, come ornamento del vestiario, è totalmente sconosciuta sull’isola. Resta però l’analogia a livello di scelte legate ai rituali funerari perché, se le navicelle per il popolo di navigatori sardi rappresentava un mezzo anche per raggiungere l’Aldilà, il carro rappresentato sulla fibula potrebbe avere un analogo significato per il nobile sabino che aveva indossato la spilla. Bisogna considerare anche il fatto che i Pretuzi, che abitavano la pianura di Campovalano, erano in costante movimento, tanto che i ritrovamenti archeologici attestano l’uso del carro. Certo è che la fibula di Pizzoli rappresenta una testimonianza dei contatti dell’attuale territorio aquilano nell’VIII secolo a.c. con altri centri più a nord nell’Appennino, nonché dell’alta qualità raggiunta a livello locale nella produzione dei metalli.