Il carnevale di Schiavi d’Abruzzo a prima vista sembrerebbe uno dei pochi carnevali di tradizione sopravvissuti alla frammentazione della cultura contadina, e forse lo è, almeno per la figura dei Marraroni o Mazzaroni (marraroune nel dialetto locale) un gruppo di giovani vestiti bizzarramente contraddistinti dal cimiero, un voluminoso copricapo a forma di cono completamente ricoperto di fiori di carta e nastri colorati. Il denominatore comune che sembra unire tra loro tutti questi copricapi fioriti, oltre che un evidente auspicio al ritorno della bella stagione, è che tutti costituiscono una specie di divisa magica da indossare nella esecuzione di una danza rituale maschile e guerresca. L’alto cappello a cono ornato di nastri che da qualche tempo è diventato la caratteristica principale del Carnevale di Schiavi, trova, in quanto a dimensioni e foggia, un riscontro preciso nei Gilles di Binche (Hainaut), il carnevale più famoso del Belgio che ha ottenuto dall’Unesco il riconoscimento di patrimonio immateriale dell’umanità.Li capeggia una specie di Pulcinella che si distingue dagli altri per la sagliocca, una mazza con cui esercita la sua autorità.
A Schiavi il momento culminante della festa è rappresentato dalla danza, che qui assume la forma della spallata, pezzo forte della esibizione dei Mazzaroni. Si tratta infatti di un complesso ballo popolare che sembra discendere dalle danze rituali e guerriere dei Sanniti pentri, di cui del resto sono gli eredi diretti. Il ballo nei secoli ha assunto un carattere lubrico e ammiccante, già sottolineato nel Settecento dall’abate Ferdinando Galliani nel suo “Trattato sul dialetto napoletano” che la giudica adatta ai “rustici festini nuziali e a quella gente che non suole peccare di gelosia” ed è tuttora eseguito durante i matrimoni.
L’allegra brigata, provvista di instancabili suonatori e ballerini, percorre le vie del paese, dove, facendo tappa dinnanzi ad ogni casa, con grande partecipazione della famiglia ospitante, dà vita ad una vivace pantomima che si conclude immancabilmente con la richiesta di vino, salsicce e quant’altro sia buono da mangiare.
Per approfondimenti l’articolo completo sulla rivista D’Abruzzo n. 112