Testo di Alberto Rapisarda foto Gaetano Basti
Quattordici monoliti con le superfici scavate con la figura di un uomo a braccia aperte, sono l’ultimissima sorpresa che offre il territorio dei Vestini Cismontani, ad ovest del massiccio del Gran Sasso. Sono massi dal peso di alcune tonnellate distribuiti tra Capestrano e Bazzano, due località che delimitano il confine meridionale e settentrionale delle terre che nel primo millennio a.C. furono abitate dal popolo dei Vestini.
Il primo monolite fu scoperto per caso nel 1965 nei pressi della necropoli vestina di Capestrano. Successivamente furono segnalati altri otto manufatti simili ma non identici e da allora anche gli archeologi cominciarono ad interrogarsi sulla funzione di manufatti mai visti in Italia e nell’intero bacino del Mediterraneo.
Questi massi datati tra il VI sec. a.C e il III sec. d.C. sono stati lavorati dai Vestini forse come basi per fissare le strutture amovibili in legno di torchi a leva, utilizzati per pressare uva o altri frutti, per produrre bevande alcoliche da destinare prevalentemente ad uso rituale. Per vederli si può iniziare a Capestrano nella corte interna del Castello Piccolomini proseguire in direzione della chiesa di Santa Maria di Centurelli, sotto la cui tettoia c’è un monolite di fattura rudimentale databile tra i più antichi, trovato nei pressi del piccolo tempio dedicato ad Ercole, scoperto a 200 metri dalla chiesa e poi alla volta di Peltuinum, in cui spalle del tempio, c’è una piccola sorgente e sulla sinistra è visibile il piccolo monolite. Da Peltuinum si prosegue per San Nicandro, dove è esposto nel giardino pubblico del paese il monolite più noto.